Il miele ha senz'altro una storia antichissima, considerando che le piante in grado di produrre nettare e polline risalgono addirittura a circa 150 milioni di anni fa e che le prime raffigurazioni di un uomo intento a raccogliere favi con vicino le api, risalgono a circa 10.000 anni fa.
Dagli egiziani abbiamo invece testimonianze dei primi "allevamenti di api", che si distinguevano quindi dalla "caccia al miele"; dapprima cibo di lusso, il miele iniziò pian piano ad essere commercializzato in vasi, utilizzato anche come forma di pagamento tributario, bottino di guerra, etc.
Aristotele nel De Generatione Animalium e poi Virgilio nelle Georgiche, Plinio nella Naturalis Historia, Columella nel De re rustica, come più tardi Seneca, si interessarono alle api e alla loro così preziosa produzione di miele, piuttosto "mitologica"; non a caso il miele veniva definito il “Nettare degli Dei”. Apicio nel De arte coquinaria ne parla per la prima volta ampiamente rispetto ai suoi usi alimentari, ovvero sappiamo anche da lui, che veniva impiegato come dolcificante ad esempio di latte per i bambini di famiglie più agiate, conservante per frutta come pere, mele ed olive ed ancora come condimento di focacce, pesce, legumi...
Era importante anche la produzione di idromele grazie alla sua fermentazione e di vino
mielato, molto apprezzato e ricercato, soprattutto in epoca romana. Oltre per gli usi in cucina, al miele venivano già riconosciute le proprietà curative e cosmetiche, essendo impiegato sia per profumi ed oli, che come cicatrizzante, antisettico, lassativo, vermifugo, purificante, e molto altro.
Il miele era in qualche modo considerato sacro e divino, associato agli Dei e comunque sempre ritenuto un "bene prezioso" (anche economicamente, come dall'Editto dei prezzi di
Diocleziano).
Si dovette arrivare all'Ottocento per ottenere sviluppi in apicoltura, dapprima di tipo "forestale", ovvero quando si iniziò a costruire un'arnia, con favi mobili, in cui si preservava lo spazio che le api lasciano tra le loro costruzioni per permettergli di muoversi tra loro ed in cui si potevano studiare le famiglie, intervenire, raccogliere il miele al meglio; soprattutto si iniziò a proteggerle, in quanto prima di allora avveniva un "succido e schifoso" apicidio contadino, nel quale si otteneva il miele per spremitura di favi contenenti api, polline e covata (Modo pratico per conservare le api per estrarre il mele senza ucciderle, Avv. Luigi Savanisi, Milano, 1811).
Franz von Hruschka grazie all'invenzione del suo smielatore, presentato nel 1865 alla Conferenza degli apicoltori di Brno, permise infine di ottimizzare l'estrazione del miele dal telaio mobile per centrifugazione.
Scoperto lo spazio-ape e creato lo smielatore, si cercò di ricavare un miele sempre più "naturale", libero da altro (es: invenzione della griglia escludi-regina), con attenzione crescente alla provenienza, di cui Don Giacomo Angeleri nel Novecento ne fu promotore, divenendo un maestro dell'apicoltura italiana; ne L’Apicoltore Moderno infatti si esprimeva così: “il miele dovrebbe esser venduto tal quale la natura ce lo dà e lo trasforma, e venduto sotto il nome che gli viene dal fiore che lo produce”.
Nel Novecento iniziò quindi a diffondersi sempre più, un'attenzione al miele più precisa, meticolosa, volendolo distinguerlo anche in base al fiore da cui proveniva; iniziarono così a compiersi le prime analisi melissopalinologiche e dei residui pollinici, per la determinazione dell’origine geografica e botanica del miele, oltre che a svilupparsi, nel corso del '900 fino ad oggi, un'interesse sull'analisi sensoriale, al fine di individuare sempre di più, i mieli qualitativamente migliori.
Leggi tutto l'articolo e l'intervista a "Le Api di Papà" su Enesag Resarch, la rivista degli specialisti della Gastronomia, Ristorazione e Alimentazione:"NETTARE DEGLI DEI: IL MIELE"
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